| IL PUNTO I contributi firmati non rispecchiano necessariamente l'intero gruppo redazionale 
              
              
              
                Teoria  e prassi antiautoritaria n.5 settembre 2015 III° serie
   
              
              
              
                Brevi  riflessioni  intorno al conflitto sociale  
 
  “Noi  siamo contro la competizione tra i lavoratori, nella società e nella  vita. Siamo anche contro il merito e la sua distorta conseguenza, la  meritocrazia.  Siamo  contrari perché non siamo liberali ma comunisti anarchici e non  proponiamo la competizione tra esseri umani ma la solidarietà e, in  subordine, il pareggio; continuiamo a credere alla necessità  dell’abolizione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, per un  mondo di liberi ed uguali laddove il lavoro manuale assuma la  medesima dignità e importanza di quello intellettuale, laddove non  vi siano più differenze tra sessi, razze e credi politici e  religiosi, perché siamo convinti che gli esseri umani siano tutti  uguali, e che le differenze nelle quali sono relegati non  costituiscano una storica necessità, ma una prerogativa della  società capitalistica e della conseguente divisione in classi  dell’umanità.”  (Quaderni  di “Difesa Sindacale” – n.1 – Aprile 2012)  
  Abbiamo  scritto e argomentato più volte come  il “macchinismo”,  le nuove tecnologie e  la nuova divisione internazionale del lavoro abbiano favorito una  forte spinta alla proletarizzazione dei ceti medi, di come la  concorrenza fra i lavoratori sia largamente aumentatala su scala  mondiale, contemporaneamente con la progressiva dequalificazione  del   lavoro e  come l’insieme di tutti questi processi abbia  determinato un progressivo e geometrico arretramento dei rapporti di  forza all’interno del conflitto  fra capitale e lavoro.  Tale  processo è stato agevolato, fin dalla fine degli anni '70, dalla  strategia riformista concretatasi con la svolta dell'EUR (1978)  laddove il sindacato sembra assumere le caratteristiche di forza di  governo autolimitando le richieste sindacali al fine di favorire la  ripresa nella logica rigorosa della difesa dell'economia nazionale,  in cambio di riforme (investimenti, lotta alla disoccupazione,  politiche fiscali) che non verranno mai. In questo generale contesto  di subalternità alle esigenze del debole imperialismo italiano, nei  vertici sindacali e nella stessa CGIL avanza l'llusione “che  lo sviluppo tecnologico abbia ormai creato alcune nuove figure  professionali che vanno valorizzate se si vuole vincere da un lato la  battaglia contro l'assenteismo e dall'altro quello di una maggiore  produttività degli impianti. C'è da dire che la prima volta che la  classe operaia prova a contrastare il padronato sulla  ristrutturazione aziendale la lotta si conclude con una grossa  sconfitta (Fiat autunno 1980) che da la misura della distanza fra  direzione sindacale e reale situazione di fabbrica” (1)    Nei  primi anni '80 del secolo scorso, appena  agli  inizi della  rivoluzione tecnologica basata sulla microelettronica, nonostante  fosse già evidente che tale processo avrebbe cancellato un gran  numero di professioni e soprattutto distrutto moltissimi posti di  lavoro, da parte della borghesia attraverso una propaganda ideologica  fortissima e raffinata, fu sponsorizzato e spacciato come la fine  dell’organizzazione taylorista del lavoro, incentrata sulla  ripetitività dei movimenti del lavoratore e che  avrebbe finalmente  liberato l’uomo dalla fatica favorendo il suo sviluppo economico,  sociale ed intellettuale.  Si  giunse a immaginare un'organizzazione del lavoro in cui tutte le  mansioni ripetitive, usuranti e alienanti sarebbero state svolte  dalle macchine, mentre gli uomini avrebbero svolto solo professioni  totalmente nuove e tutte altamente gratificanti e qualificate.  La  ricaduta di questa vera e propria campagna ideologica della borghesia  come classe generale si ebbe anche sul  terreno delle relazioni  sindacali.  Infatti  “E’ proprio a  partire dai primi anni '80, all'interno del movimento operaio e delle  nuove generazioni cresciute e formatesi all'interno di un “humus”  politico-culturale improntato alla solidarietà e alla eguaglianza,  che si introduce, per la costruzione delle piattaforme rivendicative  legate all'aspetto salariale, il concetto della professionalità,  concretizzatasi come una vera e propria campagna promozionale dei  valori della borghesia. In sostanza si legavano quote salariali non  più ai bisogni reali delle masse lavoratrici, ma a  parametri presuntamente neutri come la collocazione nel ciclo  lavorativo o al lavoro realmente prestato.  La  necessità di salario, mortificata dalla scelta di moderazione  retributiva, il grimaldello della professionalità come unica  possibile strada per rivendicare maggiori quote di salario  determinarono in una prima fase forti rivendicazioni corporative fra  le categorie che mantenevano ancora una capacità di contrattazione” (2) rompendo così quel tessuto solidaristico che le lotte operaie  degli  anni ‘60/’70 avevano determinato e sviluppato anche in vasti  settori giovanile e nell’intera società.  In  settori ed ambienti anche d’ispirazione marxista,  ci si spinse  addirittura fino ad ipotizzare la fine  del lavoro o per lo meno del  lavoro  alienante e coercitivo, tipico di un capitalismo primitivo  per arrivare,  ad una visione del modo di produzione economica fatta  in via prioritaria e maggioritaria di presunti lavori cognitivi,   altamente professionalizzanti e liberi dal ricatto economico e liberi  in parte della stessa alienazione del prodotto.  Fu  tutto un inneggiare, alle magnifiche sorti e progressive che  riservava all’intera umanità il modo di produzione capitalistico   e fu  in quegli stessi anni che dalla letteratura economica si  importò e si diffuse come valore culturale dominante e di tendenza  il pensiero del “  self made men”.  Vere  fesserie come “ognuno  è il datore di lavoro di se stesso” , iniziarono a diffondersi nei media per arrivare fino al   chiacchiericcio da bar .  Seppur  non sempre dichiarata ed esplicitata era più che evidente la volontà  politica di spengere qualsiasi riferimento alla lotta di classe e  alla necessità del superamento del sistema economico capitalistico.  Insomma: addio lotta di classe! Siamo tutti capitalisti.  Era  l’inizio invece  di un processo che avrebbe dato vita a una  organizzazione del lavoro incentrata sul totale asservimento del  lavoratore alla macchina determinando uno strano quanto comprensibile  strabismo sociale.  Più  aumentava la sfera del lavoro dipendente e alienante più la figura  dell’operaio veniva di fatto cancellata dall’ immagine collettiva  fino a renderlo quasi inesistente.  Qualche  pennivendolo, seguito come al solito da qualche “espertone” di sinistra, meglio se marxista, si spinse fino a ipotizzare la  scomparsa della classe operaia e con essa la scomparsa delle stesse  classi sociali. Una generica moltitudine.  Ci  sono voluti circa 30 anni per riaffermare da parte di un sociologo,  per altro non marxista, che le classi sociali non solo esistono e che   non sono  affatto in estinzione e che dal loro conflitto e quindi  dai diversi rapporti fra queste classi  dipenderà il futuro (3)  Tornando  ad oggi nel mezzo di una crisi economica internazionale che dura da  oltre 8 anni e che tutti gli indicatori economici e sociali affermano  essere uguale se non superiore a quella del 1929 e da cui nessuno è  in grado di dire quando e come ne usciremo, gli  esperti di nuove  tecnologie da tempo calcolano che negli Stati Uniti così come nella  vecchia Europa i posti di lavori destinati a scomparire per  l’introduzione di nuove macchine sarà  circa il  50%.  “L’automazione,  indotta dalle nuove tecnologie ha avuto e sta avendo un effetto  devastante sugli operai, gli impiegati, i commercianti e i liberi  professionisti. Basta guardare alla cronaca: la catena di fast food   Mc Donald’s ha appena annunciato di volere introdurre dei tablet   per ricevere le ordinazioni riducendo i camerieri; il colosso  dell’e-commerce Amazon sta assumendo 10 mila robot nei propri  magazzini per sbrigare lo smistamento dei pacchi “ (4)  E  a rischio di sostituzione è ogni tipo di lavoro, non solo quello  operaio.  Il  processo non risparmia né le cosiddette nuove  professioni,  né le più antiche, come quella medica:  “Notiamo  al riguardo, per prendere  uno dei casi meglio conosciuti  che il 50  per cento delle conoscenze  di un medico - stimano gli esperti –  diventa al presente obsoleto entro dieci anni . L’obsolescenza  delle competenze di un sistemista informatico, o di un consulente  finanziario o di uno specialista di logistica è ancora più rapida “ (5)  Ancora  pochi anni fa anche l’assunzione di un operaio semplice  presupponeva un periodo più o meno lungo di addestramento e un grado  minimo di cultura generale e di conoscenze tecniche.  Per   operai più qualificati  come, per esempio, il tornitore, il  fresatore o l’attrezzista   l'impiego presupponeva corsi di  formazione professionale ad hoc oltre che un non breve periodo di  addestramento pratico.  
  Oggi,  invece, anche un ingegnere può essere licenziato dalla sera alla  mattina senza particolari problemi. Infatti, se la macchina a  controllo numerico ha cancellato la gran parte dei mestieri operai,  l’informatizzazione dei processi gestionali e di progettazione ha  cancellato molte figure professionali altamente qualificate o ne ha  talmente semplificato le mansioni che qualunque lavoratore che abbia  completato la scuola dell'obbligo è in grado di svolgerle. Uno  stesso lavoratore può essere impiegato oggi in una fabbrica  automobilistica o all’anagrafe comunale e domani ancora in un call  center, dopodomani in un fast food  o  all’Ikea senza particolari  problemi e può anche essere licenziato e sostituito con un altro in  qualsiasi momento.  Ecco  perché nella fase cosiddetta fordista, era stato funzionale, alle  esigenze della programmazione capitalistica, un mercato del lavoro  incentrato sui contratti collettivi pluriennali di categoria e il  rapporto di lavoro a tempo indeterminato; oggi contrariamente il  mercato della forza lavoro è incentrato sulla contrattazione  individuale con quella miriade di strumenti normativi come i  contratti a tempo determinato e discontinuo,  E'  la conseguenza inevitabile dell'uso capitalistico del sistema delle  macchine e in special modo di quello moderno ormai quasi tutto  informatizzato. Con esso, infatti:  “L'abilità  particolare  dell'operaio  perde il suo valore. Egli viene  trasformato  in una forza produttiva semplice monotona, che non deve  fare più ricorso a nessuno sforzo fisico e mentale. Il  suo lavoro  diventa un lavoro accessibile a tutti. Perciò da ogni parte si  precipitano su di lui dei concorrenti, e ricordiamo inoltre che  quanto più il lavoro é semplice  quanto più  facilmente lo sì  impara, quanto minori costi di produzione occorrono per rendersene  padroni, tanto più in basso cade il salario, perché come il prezzo  di qualsiasi altra merce , esso e determinato dai costi di  produzione." (6)  La  conseguenza immediata  a causa dell’accresciuta  concorrenza fra i  lavoratori è il rafforzamento della tendenza al ribasso dei salari  operai e dei lavoratori cosi come di tutta una vasta gamma di  artigiani impiegati e professionisti.  La  stessa divisione dei lavoratori basata sulla loro appartenenza a una  determinata categoria    (metalmeccanici, chimici ecc.) è in via di  superamento, essendo la stragrande maggioranza di essi impiegabile  indistintamente in più settori produttivi.  Ciò  determina ulteriore concorrenza fra i lavoratori in quanto è  come  se aumentasse la forza-lavoro disponibile in tutti settori  produttivi.  Senza  dimenticare la classica divisione fra lavoratori ed indotto, pratica  da sempre presente nei grandi siti industriali ed oggi sempre più  spinta, fin’anche  nelle strutture pubbliche come le vecchie  municipalizzate fino alla finta cessione  di ramo di azienda che  determina che in uno stesso sito ci siano 3 o 4 aziende produttive  diverse, con diversi contratti e diverse appartenenze come categorie  sindacali .  Non  è  dunque un caso che il famigerato “jobs   act” di recente  varato dal governo italiano, preveda, oltre alla possibilità per le  imprese di licenziare sempre e comunque, un contratto unico per tutti  i settori, il demansionamento, ossia la possibilità per le imprese  di utilizzare uno stesso lavoratore in compiti diversi, nonché la  preminenza della contrattazione aziendale e/o individuale su quella  nazionale  e collettiva.  Più  concorrenza, più isolamento e salari sempre più bassi. Se  diminuiscono i lavoratori impiegati perché sostituiti da macchine,  ne consegue che necessariamente ai lavoratori superstiti dovrà  essere estorta, a parità di condizioni, una quantità di plusvalore   (la parte della giornata lavorativa oltre il tempo di lavoro  necessario espressa in termini di valore) maggiore di quella estorta  loro in precedenza.  Il   modo più semplice per ottenere ciò, oltre alla riduzione tout  court del salario, è il prolungamento della giornata lavorativa  (plusvalore assoluto).  Infatti  a partite dalla seconda metà degli anni '80 del secolo scorso,  benché, proprio grazie alle nuove tecnologie, la produttività del  lavoro sia cresciuta in poco più di un decennio di oltre il 100 per  cento, la tendenza alla riduzione della giornata lavorativa  effettivamente ottenuta a partire dai primi anni ‘70 fino agli  inizi degli anni ’90 si è prima arrestata e poi del tutto  invertita.  Basti  qui ricordare l’ultimo contratto dei lavoratori delle ferrovie che  ha aumentato l’impegno lavorativo settimanale da 36 a 38 ore,  per  di più  pagate solo se effettivamente fatte, o gli ultimissimi  contratti del settore del commercio,  del trasporto pubblico locale (  ATAC) così come quello dei bancari, che hanno previsto  aumenti di  fatto dell’orario con la possibilità nel commercio di arrivare   per 16 settimane  consecutive a lavorare fino a 44 ore settimanali  pagate non straordinario per poi recuperarli in momenti di bassa  produttività,  oppure quello dei bancari che nel suo articolato  normativo ha di fatto confermato l’impianto del “jobs  act” per tutti i  nuovi assunti in aperta contraddizione con quello che formalmente  viene detto dalla stessa  segretaria a generale Susanna  Camusso. (7)  Oltre  al  prolungamento classico della giornata lavorativa le stesse nuove  tecnologie permettono e sono studiate per un maggior  sfruttamento  temporale.  Nella  Fiat, per esempio, con il passaggio dalla vecchia struttura  produttiva rigida al moderno World Class Manufacturing(WCM) il  lavoratore si stanca meno e, non dovendo compiere movimenti in  conflitto con la struttura del suo scheletro, non spreca neppure un  secondo del suo tempo di lavoro. Infatti, mentre con la vecchia  catena di montaggio era il lavoratore a dover armonizzare i suoi  movimenti con quelli standardizzati e rigidi della catena, con la  nuova, basata sul World Class Manifacturing (WCM), è stato possibile  armonizzale i movimenti delle macchine con la migliore postura  ergonomica del corpo umano.  “ Se   un accordo del lontano 1971 stabiliva che, sotto il minuto, un  operaio di linea fosse caricato per un massimale dell'84 % ( ossia in  un minuto di lavoro, quello considerato effettivo non doveva superare  i 50,4 secondi ), ora — con la disdetta aziendale di quell'accordo  un operaio a basso rischio ergonomico potrà sperimentare una  saturazione dell'ordine del 98% (Tuccino) . Analogamente,  in Toyota  le operazioni in assemblaggio richiedevano nel 1973 un minuto e  14  secondi. Nel 1989 erano scesi a 44 secondi . Dunque il lavoro si  intensifica e si accelera Come? Eliminando ogni gesto o azione non  immediatamente finalizzata a produrre valore aggiunto (" not  added value activity" Nava) come camminare, aspettare, posare un  attrezzo, cercare, operare fuori linea” (8)  Ciò  significa  che in una giornata lavorativa  di 7 ore non considerando  le pause pranzo e le pause previste contrattualmente un lavoratore   con la nuova struttura WCM e con l’accordo disdetto e quindi una  saturazione dell’ordine di 98% per ogni secondo a parità di ore di  lavoro, lavora  esattamente un ora di più:  
  7  ore = 25200 secondi  84%  21168 secondi = 5,88 ore  98%  24696 secondi = 6'86 ore  
  Nella  stesso studio di Francesco Tuccino ripreso dall’Associazione Bruno  Trentin si legge inoltre: "Il WCM non è di fatto un nuovo  paradigma organizzativo ma una versione occidentalizzata del modello  giapponese della lean  production (produzione snella); un modello che  in estrema sintesi si fonda su due pilastri strettamente  interconnessi: just in time e l'auto attivazione — coinvolgimento  dei lavoratori. in un sistema che si propone di agganciare la  produzione alle richiesta di mercato e ridurre al minimo le scorte di  magazzino (just in lime) diventa fondamentale per garantire  continuità e flessibilità del flusso produttivo la compresenza dei  seguenti aspetti: il rapporto con i fornitori l'utilizzo di una  tecnologia flessibile la capacità e disponibilità dei lavoratori ad  attivarsi autonomamente (autoattivazione) per risolvere i problemi  nelle singole postazioni di lavoro.  La  riduzione delle scorte di magazzino rende il modello della lean  production molto  più fragile di quello fordista; in caso di azioni  di lotta con blocchi della produzione infatti diventa più difficile  per l'azienda soddisfare le richieste di mercato,  contemporaneamente  si capisce l'importanza della Logistica in questa nuova filiera dei  prodotti dall'industria al mercato Sulla base di queste constatazioni  i filosofi del WCM si focalizzano sulla motivazione ed il  coinvolgimento dei lavoratori, motivazione che richiede come elemento  base un miglioramento delle condizioni di lavoro e in particolare  degli aspetti ergonomici ." (9)  E’  però altrettanto evidente che essendo il raggiungimento del massimo  profitto l’aspetto prioritario e l’unica vera e reale “mission” del capitalismo tutti gli aspetti legati  a miglioramenti delle  condizioni di lavoro diventano secondari  e come nello stesso caso  FIAT si ricorre al classico e vecchio ricatto occupazionale,   alla  fidelizzazione della manodopera attraverso la complicità  e  l’appartenenza a determinate strutture sindacali più compiacenti e  più in armonia con le motivazioni aziendali.  Il   management è d'altronde conscio delle insorgenze conflittuali che i  nuovi ritmi di lavoro potrebbero suscitare fra le maestranze, le  quali passata la grande paura per i destini del loro posto potrebbero  inceppare quella gioiosa macchina da guerra che è divenuto il WCM.  Tant’e  che al netto delle nuove tecnologie introdotte il clima di  intimidazione in FIAT ha portato ad un forte ridimensionamento degli  iscritti Fiom  passati da 11.00 agli attuali 5.000. (10)  
  
  Le  compagne e i compagni    di Comunismo Libertario  
  settembre  2015  
  
  
  
  
  Offriamo  ai compagni questi brevi spunti nella convinzione e nella volontà di  misurarsi collettivamente sul che fare per gli anarchici e comunisti  libertari impegnati nello lotta di classe nelle condizione e nei  rapporti di forza dell’oggi.  Riflessione  ancora più necessaria in prossimità del  28 Settembre  ricorrenza  della convocazione della prima Internazionale.    Per  questo proponiamo di trovarci  , in data da stabilire,   e provare a  discutere insieme la complicata e difficile situazione dello scontro  di classe.  
  
  
  «La  concorrenza è l'espressione più perfetta della guerra di tutti  contro tutti che infuria nella società borghese moderna....Ora,  questa concorrenza dei lavoratori tra di loro è l'aspetto peggiore  delle condizioni di vita attuali del lavoratore, l'arma più affilata  della borghesia nella lotta contro il proletariato.  Di  qui gli sforzi dei lavoratori per sopprimere tale concorrenza  associandosi; di qui il furore della borghesia contro queste  associazioni ed il suo tripudio per ogni sconfitta inflitta ad esse.”  (Friedrich  Engels  “ La situazione della classe operaia in Inghilterra.”  1845)  
  
  
 
              
              
                |  Combattere  			per creare un'unione dei lavoratori contro la concorrenza imposta  			dai capitalisti, ecco il ruolo che devono darsi i militanti operai  			coscienti.  
  Fu  			la necessità di contrastare la concorrenza tra lavoratori di  			paesi diversi a spingere i militanti operai a cercare soluzioni e  			a creare la Prima Internazionale nel 1864. Marx,  			per il Congresso dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori  			(AIL), nel 1866 a Ginevra, scrisse una mozione dettagliata sui  			sindacati e il loro ruolo nelle lotte per l'emancipazione del  			proletariato. |  
                |  Questo  			testo, che fu letto da un militante francese Eugène Dupont, a  			nome della direzione dell’AIL, diceva in particolare:   «Il  			capitale è la forza sociale concentrata, mentre l'operaio non  			dispone che della sua forza produttiva individuale.  Il  			contratto tra il capitale e il lavoro, dunque, non può mai essere  			stabilito su basi equanimi, pur dando alla parola "equanime"  			il significato che le attribuisce una società che colloca le  			condizioni materiali da una parte e l'energia vitale dall'altra.  Il  			solo potere sociale che possiedono gli operai è il loro numero.  La  			forza del numero è annullata dalla disunione.  La  			disunione degli operai è causata e perpetuata dalla concorrenza  			inevitabile fatta tra loro stessi.  Le  			trade-unions (associazioni di mestiere) sono nate originariamente  			da tentativi spontanei degli operai, che lottavano contro gli  			ordini dispotici del capitale, per impedire o almeno attenuare gli  			effetti della concorrenza tra operai.  Essi  			volevano cambiare i termini del contratto in modo da potersi  			almeno elevare al di sopra della condizione di schiavi.  Lo  			scopo immediato delle trade-unions è limitato, tuttavia, alle  			necessità delle lotte quotidiane tra lavoro e capitale, ad  			espedienti contro l'usurpazione incessante del capitale, in una  			parola ai problemi del salario e dell'orario di lavoro.  Una  			tale attività è non soltanto legittima, ma anche necessaria. Non  			vi si può rinunciare fintanto che il sistema attuale dura; al  			contrario, le trade-unions devono generalizzare la loro azione  			associandosi ». |   
  
  
  NOTE  
  1)  U.C.A.T  – O.C.L.: “Ai compagni su: Professionalità mito sindacale” CP  Edizioni – Fi, 1982  2)  Convegno  Difesa Sindacale   02/04/2011 Livorno . Relazione  “Contrattazione”  3)   L. Gallino. “ La lotta di  classe dopo  la lotta di classe” Ediz. 2012  Saggi Tascabili   Laterza  “le  classi sociali esistono ancora, sebbene siano scomparse dalla mente  di quasi tutti noi; hanno come   testimonianza della loro realtà lo  stato del mondo in cui viviamo; e il futuro dipende da come  l’interazione tra di esse si evolverà, tra le tante potenzialità  di conflitto, compromesso, forme di egemonia vincenti o perdenti che  essa nel fondo contiene”.  4)  La Republica 10/11/2014. “Il gap che dobbiamo colmare  prima che  sia troppo tardi” R. Luna  5)  L. Gallino “ Vite rinviate- Lo scandalo del lavoro precario”   Ediz. La Terza  6)  K. Marx “Lavoro Salariato e Capitale” Editori Riuniti  7)Su  questi contratti si potrebbe ipotizzare un seminario nazionale dei  comunisti libertari    per definire una prassi coesa e specifica  all’interno della lotta di classe.  8)  “La nuova Fiat: tra taylorismo e toyotismo” Salvo Leonardi -  Associazione Bruno Trentin  -  su   Rassegna Sindacale del 26/01/2015  – Rassegna.it  9) “World  Class Manufacturing e sistema ErgoUas”  Francesco Tuccino  10/09/2010  10)  “Fim  Cisl in testa tra le sigle dei lavoratori nel gruppo Fiat. Fiom  ultima” Il Sole 24 ORE      17/01/2014  
  
  
  
  
 
 
 
 
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